c'è un intruso!

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come fregare il cacciatore

domenica 2 maggio 2010

FUORI DAL CORO

LIBRI A MARGINE

Dalla cloaca di libri inutili, copia-e-incolla, consolatori, omogeneizzanti e omogeneizzati, edulcorati, furbastri, onanistici, disonesti, passatisti, new age, mocciosi, saccenti e desolatamente brutti (secondo la legge di Sturgeon il 95 % di tutto è spazzatura e il campo editoriale non fa eccezione: posso dirlo - ahimè - dalla trincea dei miei quasi trent'anni di esperienza da libraio) qualche volta affiora qualcosa che riesce a coniugare originalità e approfondimento, leggerezza e illuminazione, stimolo e comprensibilità.
Questo tipo di libri merita, secondo me, uno spot di luce, perché può dare "un po' di benzina all'anima", un po' di alimento alla resistenza che ci tocca portare avanti, per aiutarci a "passà 'a nuttata".
L'intenzione sarebbe quella di segnalare uno o due volumi alla settimana, non in maniera rigida e secondo quello che si riesce a scovare: magari andateveli a cercare in qualche sopravvissuta libreria non di catena, fateveli procurare, sfogliateli, soppesateli, comprateveli e, quando avrete il tempo, leggeteli.

Il primo è:
Giuseppe Antonelli, Ma cosa vuoi che sia una canzone. Mezzo secolo di italiano cantato,Il Mulino, 2010, pp.254, € 16.00.
Come dice il sottotitolo, viene esaminata l'evoluzione (e l'involuzione) della lingua italiana attraverso l'analisi del testo delle mille canzoni più vendute negli ultimi cinquant'anni, il tutto in maniera mai accademica e pallosa. Dal "ma però" (ora assolto) di Lucio Battisti, Paolo Conte, Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Mina, Adriano Celentano, agli accordi dissonanti di De Gregori (in Buffalo Bill "il paese era molto giovane/i soldati a cavallo era la sua difesa") o Vasco Rossi (in Un senso "voglio trovare un senso a tante cose/ anche se tante cose un senso non ce l'ha"), dal conformismo grammaticale sul passato remoto usato ancora all'inizio degli anni Sessanta per riferirsi a fatti molto recenti, all'uso di "ciò" al posto di "quello", e così via.
Giuseppe Antonelli è un linguista appassionato di canzonette, già autore di opere "toste" tipo "L'italiano nella società della comunicazione", "Tipologia linguistica del genere epistolare nel primo Ottocento" o "Lingua ipermedia. La parola di scrittore oggi in Italia", ma non bisogna lasciarsi spaventare: il nuovo libro è spumeggiante senza perdere in rigore, curioso e documentatissimo. E (cosa da non trascurare) aiuta anche a fare i conti con le proprie insicurezze grammaticali.

1 commento:

stellarossa ha detto...

post decisamente fuori dal coro,mi hai fatto venire voglia di leggerlo questo libro,sei un bravo recensore oltre che un bravissimo libraio...peccato manchino i lettori disposti a starci
fuori dal coro
Forse con il calcio...pare che sia un settore che tira (narici di fuoco),infiamma gli animi,e anche i culi;per le anime e i cervelli aspettiamo.Ammesso che ne siano rimasti.