c'è un intruso!

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come fregare il cacciatore

martedì 13 luglio 2010

NEANCHE GLI DEI...

"Contro la stupidità neanche gli dei possono nulla" (Friedrich Schiller)

Carlo Maria Cipolla nel suo brillante saggio "Le leggi fondamentali della stupidità umana" (in Allegro ma non troppo. Il Mulino, 1988) individua due fattori di cui tenere conto per esplorare il comportamento umano:

- Danni o vantaggi che l'individuo procura a se stesso

- Danni o vantaggi che l'individuo procura agli altri

Creando un grafico col primo fattore sull'asse delle ascisse (x) e il secondo sull'asse delle ordinate (y) si ottengono quindi quattro gruppi di persone:

  1. Intelligenti (in alto a destra): fanno il proprio vantaggio e quello degli altri
  2. Sprovveduti (in alto a sinistra): danneggiano se stessi e avvantaggiano gli altri
  3. Banditi (in basso a destra): danneggiano gli altri per trarne vantaggio
  4. Stupidi (in basso a sinistra: danneggiano gli altri e se stessi.
Prendiamo il caso dei purtroppo sempre più frequenti episodi di violenza estrema in cui ex fidanzati/mariti/amanti, incapaci di accettare separazioni, rifiuti, abbandoni, uccidono le fidanzate/mogli/amanti e poi spesso si suicidano, talvolta motivando il tutto con l'argomentazione che "è l'unico modo per rimanere insieme". L'omicidio è normalmente preceduto da un più o meno lungo periodo di persecuzione e stalking nella convinzione di potere in questa maniera ripristinare la situazione precedente la rottura.
Secondo lo schema di Cipolla questi individui, non accettando di essere considerati degli sprovveduti, si ritengono soggettivamente intelligenti perché pensano di perseguire il proprio vantaggio e quello della persona "amata", anche se essa non è cosciente del proprio bene. Oggettivamente sono invece dei banditi, proprio perché, non considerando accettabili le scelte dell'ex partner, in realtà lo danneggiano. Ancor più se arrivano all'omicidio, che li priva irrimediabilmente dell'oggetto del presunto "amore" e li consegna definitivamente alla categoria degli stupidi, di cui il suicidio rappresenta l'estrema consapevolezza.
Non sarebbe stato più semplice, proprio con un "atto d'amore", favorire l'altro a proprio relativo svantaggio? Ma nel paese dell' accà nisciun'è fesso questo è spesso impossibile.
Però in questo discorso l'amore cosa c'entra? In realtà niente, ed è fuorviante parlare di amore "malato", amore "violento", amore "possessivo". Amare qualcuno dovrebbe essere essenzialmente volere il suo bene, senza la pretesa che esso coincida necessariamente col mio bene, che venga corrisposto liberamente: se questo accade spontaneamente allora l'amore si "realizza", altrimenti prima o poi (meglio prima) occorre prenderne atto. Così come occorre prendere atto che quello che sembra un sentimento eterno e assoluto può esaurirsi o venire vissuto in maniera anche molto diversa dalle due diverse persone. La riflessione sulla perdita e il lavoro su di sé per elaborarla possono e debbono essere degli strumenti formidabili di educazione sentimentale e di maturazione. Quanto al "possesso" poi, come diceva Carlos Castaneda, ogni momento della vita trasforma ogni persona così tanto che nessuno può riuscire a possedere definitivamente sé stesso: figuriamoci quanto è risibile la pretesa di possedere un altro.
E infatti non è dell'altro che si tratta, come soggetto altro col quale mi devo confrontare e col quale posso o non posso riuscire a condividere emozioni o costruire progetti comuni; no, l'altro è l'oggetto della mia brama, il mio bene come bene di consumo, la stampella della mia insicurezza, la protezione dalla mia infantile paura del buio, il mio status symbol, la gratificazione del mio ego spellacchiato, il mio bisogno di individuazione e di dominio in un mondo nel quale sempre di più io vengo considerato oggetto fungibile, sacrificabile, precario, insignificante. Se mi portate via anche quest'ultimo oggetto, la tana in cui rifugiarmi, il mio soggetto collassa e tanto vale che collassi tutto il mondo. Così, invece di cercare di cambiare la realtà, è più semplice negarla, anzi annichilirla. Ma questa, appunto, al di là della sofferenza subita e inferta, è una cosa stupida.
Chissà se potrebbe funzionare da deterrente, fatta salva la pietas, l'attribuzione definitiva della categoria sulla lapide dei suicidi-omicidi, tipo:

Mario Rossi
1979-2010
stupido






4 commenti:

Anonimo ha detto...

analisi perfetta,come sempre razionalizzare fa bene all'anima.Resta la rabbia..
francesca

Anonimo ha detto...

Io purtroppo appartengo alla categoria degli sprovveduti.
Una volta ho rischiato di farmi rapire per non essere scortese (sì, beh, ho un po' esagerato...)

Lidia

Tullix ha detto...

Appartenere alla categoria degli sprovveduti non sarebbe un gran male se anche gli altri attorno lo fossero, oppure fossero intelligenti. Purtroppo sappiamo a quali altre due categorie appartiene la maggioranza del "popolo".

stellarossa ha detto...

Il sig.Cipolla non mi ha conosciuta: sarebbe stato costretto a creare apposta per me una categoria,visto che riesco a essere stupida ,sprovveduta,intelligente e qualche volta pure bandita,ma una bandita gentile,io che sono donna non ho mai pensato di uccidere un ex..di perseguitarlo,di considerarlo una roba mia,già io per mia grandissima fortuna sono nata DONNA