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lunedì 31 gennaio 2011

'A proposito di tutte queste... signore'. Appunti su puttane e cinema







La figura della 'puttana' ha avuto sin dagli inizi un posto rilevante nella storia del cinema: da esempio peccaminoso da evitare e di cui rappresentare la "perdizione" a personaggio sempre più complesso e contraddittorio attraverso il quale sviluppare dialettiche non solo drammatiche ma anche di carattere metaforico, sociale ed esistenziale.

Elencare in maniera ragionata e critica anche solo le principali apparizioni del personaggio in oltre un secolo di cinema è impresa che - quantunque non impossibile - richiederebbe una grande disponibilità di tempo e probabilmente interesserebbe un numero limitato di persone: mi limiterò quindi ad alcuni cenni basati su memoria e impressioni personali piuttosto che sulla consultazione analitica dei repertori filmografici.

Ovviamente le classificazioni sono sempre discutibili e sostituibili con punti di vista differenti: qui vanno prese in maniera puramente strumentale.


  • Come soggetto (drammatici). Sono film in cui la vita delle puttane rappresenta il centro della narrazione, spesso con taglio anche sociologico. Dai classici Lulù - Il vaso di Pandora (Die buchse der Pandora), 1928 e Il diario di una donna perduta (Das tagebuch einer verlorenen), 1929 di Georg W. Pabst, entrambi con la mitica Louise Brooks, Vita di O'Haru donna galante (Saikaku ichidai onna), 1952 e La strada della vergogna (Akasen chitai), 1956 di Kenji Mizoguchi, Casco d'oro (Casque d'or), 1952 di Jacques Becker, con una bellissima Simone Signoret, Nella città l'inferno, 1958 di Renato Castellani, con Anna Magnani e Giulietta Masina, ai più moderni Adua e le compagne, 1960 di Antonio Pietrangeli, con Simone Signoret, Sandra Milo, Emmanuelle Riva e Gina Rovere, La viaccia, 1961 di Mauro Bolognini, con una giovane e sensuale Claudia Cardinale, Mamma Roma, 1962 di Pier Paolo Pasolini, con una grandissima Anna Magnani, il quasi trattato sociologico Questa è la mia vita (Vivre sa vie: Film en douze tableaux), 1962 di Jean-Luc Godard, con una Anna Karina da urlo, Barriera di carne (Nikutai no mon), 1964 di Sejun Suzuki, Due o tre cose che so di lei (2 ou 3 choses que je sais d'elle), 1966 di Jean-Luc Godard, Bella di giorno (Belle de,jour), 1967 di Luis Bunuel, (Catherine Deneuve!), Un uomo da marciapiede (Midnight Cowboy), 1969 di John Schlesinger, (mica solo femmine, bravo Jon Voight), Pretty Baby (Pretty Baby), 1978 di Louis Malle, su una prostituta-bambina interpretata da una Brooke Shields dodicenne, Vita e rabbia di una prostituta parigina (La dérobade), 1980 di Marcel Duval, Whore-Puttana (Whore), 1991 di Ken Russell, con la grintosissima Theresa Russell, Belli e dannati (My Own Private Idaho), 1991 di Gus Van Sant, (Keanu Reeves e River Phoenix), Niente baci sulla bocca (J'embrasse pas), 1991 di André Téchiné, l'esplicito Tokyo Decadence (Topazu), 1992 di Ryu Murakami e il crudissimo Le buttane, 1994 di Aurelio Grimaldi, girato in siciliano.
  • Come soggetto (romantici e comici). In questi film più che l'aspetto sociologico della "professione" viene messa in rilievo la psicologia dei personaggi, diciamo il loro lato "umano", la storia personale. Le notti di Cabiria, 1957 di Federico Fellini, con una tenera Giulietta Masina, Lola, donna di vita (Lola), 1960 di Jacques Demy, con Anouk Aimée, Mai di domenica (Pote tin kyriaki), 1960 di Jules Dassin, con una sontuosa Melina Mercouri, Colazione da Tiffany (Breakfast at Tiffany's), 1961 di Blake Edwards, (Audrey Hepburn nel ruolo di Holly Golightly è me-ra-vi-glio-sa, ed è splendido anche il gatto sotto la pioggia), Ieri, oggi, domani, 1963 di Vittorio De Sica, (Sophia Loren nel mitico spogliarello), Irma la dolce (Irma la Douce), 1963 di Billy Wilder, con Shirley MacLaine in calze verdi, Film d'amore e d'anarchia, 1973 di Lina Wertmuller, con una brava Mariangela Melato, La chiamavano Bilbao (Bilbao), 1978 di Juan José Bigas Luna, il fin troppo famoso Pretty Woman (Pretty Woman), 1990 di Garry Marshall, con Julia Roberts, Paprika, 1991 di Tinto Brass, con Deborah Caprioglio, il romanticissimo Moulin Rouge (Moulin Rouge), 2001 di Baz Luhrmann, con Nicole Kidman e Chéri (Chéri), 2009 di Stephen Frears, dal romanzo di Colette, con Michelle Pfeiffer.
  • Come protagoniste. In questi altri film le nostre eroine sono protagoniste, ma l'aspetto "professionale", pur non essendo irrilevante, non è il cardine dell'azione. Gli avvoltoi hanno fame (Two Mules for Sister Sara), 1970 di Don Siegel, con Shirley MacLaine nei panni di una finta suora, Una squillo per l'ispettore Klute (Klute), 1971 di Alan J. Pakula, (Jane Fonda nel ruolo di Bree Daniels, da premio Oscar), il western "invernale" e destrutturato I compari (McCabe & Mrs. Miller), 1971 di Robert Altman, (Julie Christie, nomination all'Oscar), Kitty Tippel... Quelle notti passate sulla strada (Keetje Tippel), 1974 di Paul Verhoven, L'uomo nel mirino (The Gauntlet), 1977 di Clint Eastwood, con una tostissima Sondra Locke, allora compagna del regista, L'ultimo gigolò (Schoner Gigolo armer Gigolo), 1979 di David Hemmings, con David Bowie, American Gigolò (American Gigolò), 1980 di Paul Schrader, con Richard Gere in parte perfetta, Vestito per uccidere (Dressed to kill), 1980 di Brian De Palma, (Nancy Allen fa la prostituta in pericolo, ma Angie Dickinson viene punita per la sua "leggerezza"), Bad Girls (Bad Girls), 1994 di Jonathan Kaplan (con Madeleine Stowe, Mary Stuart Masterson, Andie MacDowell e Drew Barrymore, wow!).
  • Nell'intreccio. In questi film invece, pur non essendo le protagoniste principali, svolgono un ruolo essenziale nello sviluppo della trama. Ombre rosse (Stagecoach), 1939 di John Ford, con Claire Trevor nel ruolo di Dallas, la prostituta con cui rifarsi una vita, Rocco e i suoi fratelli, 1960 di Luchino Visconti, con Annie Girardot contesa e ammazzata, 8 1/2, 1963 di Federico Fellini, con Edda Grale nel ruolo dell'inquietante Saraghina, C'era una volta il West, 1968 di Sergio Leone, con Claudia Cardinale prostituta in cerca di riscatto, La ballata di Cable Hogue (The Ballad of Cable Hogue), 1970 di Sam Peckinpah, con Stella Stevens nel ruolo dell'allegra e affettuosa Hildy, Roma, 1972 di Federico Fellini, Taxi Driver (Taxi driver), 1976 di Martin Scorsese, con la tredicenne Jodie Foster nel ruolo di Iris, Hardcore (Hardcore), 1979 di Paul Schrader, I cancelli del cielo (Heaven's Gate), 1980 di Michael Cimino, con Isabelle Huppert che interpreta la contesa e volitiva Ella Watson, La città delle donne, 1980 di Federico Fellini, Una poltrona per due (Trading Places), 1983 di John Landis, con Jamie Lee Curtis nei panni della puttana di buonissimo cuore Ophelia e Gli spietati (Unforgiven), 1992 di Clint Eastwood in cui una prostituta che viene sfregiata da un cowboy diviene il motore primo dell'azione.
Ci sarebbero poi tutti quei film in cui, pur non essendo rappresentato in maniera esplicita, il comportamento del soggetto è implicitamente riconducibile a una delle accezioni di cui al post precedente (mercimonio "mascherato", promiscuità, "professionalità", volgarità), ma qui verrebbe implicata una massa enorme di titoli, da La fiamma del peccato (Double Indemnity), 1944 di Billy Wilder a La signora di Shanghai (The Lady from Shanghai), 1947 di Orson Welles, a Brivido caldo (Body Heat), 1981 di Lawrence Kasdan e in genere tutti i film con le dark lady. Se poi si vuole passare dal significato letterale "implicito" a quello simbolico ed estendere la rappresentazione anche ai "figli di", praticamente non si salverebbero che i cartoni animati (e neanche tanto, basti pensare a West and soda, 1965 di Bruno Bozzetto con i personaggi del Cattivissimo e Esmeralda, la "cantante" da saloon), i vecchi documentari Disney della serie "La natura e le sue meraviglie" e (forse) Marcellino pane e vino (Marcelino pan y vino), 1955 di Ladislao Vajda (una subdola e furbastra puttanata).

Come si è potuto vedere il personaggio della puttana presenta molteplici sfaccettature e si presta a una varietà di discorsi estremamente interessante e articolata. Provate ora a misurarne la distanza dalle miserabili, banalissime (anche nelle aspirazioni: fare shopping di 25 paia di scarpe, essere griffate dalla testa ai piedi, possedere un SUV Hummer per il cui pieno alla pompa di benzina occorre almeno il corrispettivo di un differente tipo di pompa), diserotizzanti ragazzotte impiegate nell'harem del Sultano. Ma probabilmente è la ricca miseria dell'utilizzatore finale a riflettersi nella squallida miseria delle utilizzate.
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PS. Si ringrazia Ingmar Bergman per aver fornito il titolo (italiano: l'originale è För att inte tala om alla dessa kvinnor, 1963) al post.

3 commenti:

stellarossa ha detto...

Mi hai fatto venire una voglia di buon cinema che non hai idea…bravissimo sei!

Luca and Sabrina ha detto...

Personalmente mi scaglio sia contro il Sultano che contro le sue cortigiane. Contro queste ultime non perchè mi ritenga moralista, anzi, ma per la loro pochezza, miseria, per il vuoto che mi trasmettono. Trovo sudicio quello che hanno fatto, perchè come dici tu, il loro traguardo è fare shopping e avere visibilità in programmi televisivi che reputo disgustosi, nient'altro.
Baciotti
Sabrina&Luca

Zio Scriba ha detto...

Ma tu sei una miniera di sapienza artistico-culturale!!
Scusa il ritardo con cui sono venuto a leggerti, ma da ieri mi ritrovo il blog sotto l'attacco di un minus habens anonimo fascio-omofobo-berlusconiano... una roba che non ci si crede: qualcuno penserà che quel poveraccio sia una mia invenzione umoristica e grottesca...