c'è un intruso!

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come fregare il cacciatore

mercoledì 9 marzo 2011

Tema del traditore (doppio) e dell'eroe



Magic Mirror on the Wall,
Who is the cleverest one of all?

Giuliano Ferrara odia visceralmente (ed è uno che di viscere se ne intende) Umberto Eco. Quando lo ha sentito dire nel corso del suo intervento ("Siamo governati da uno schizofrenico") al Palasharp di Milano il 5 febbraio scorso che lui va a dormire tardi sì, ma perché legge Kant, deve essergli venuto un travaso di bile e avrà rimuginato un bel po' per trovare qualcosa di sottilmente ironico e molto intelligente all'altezza della propria autostima (che comunque non è che debba necessariamente andare un tanto al chilo).
Pensa che ti ripensa, si è procurato una copia degli Scritti politici di Kant (Utet, 2010, pp. 689, € 14,90) e con un'incredibile botta di fortuna si è imbattuto nelle prime pagine (se controllate una foto della manifestazione degli smutandati del 12 febbraio potrete notare come il libro non sia stato sfogliato oltre il primo o il secondo sedicesimo) nell'Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico da cui è tratta la frase:"Da un legno così storto come quello di cui è fatto l'uomo non si può ricavare nulla di perfettamente dritto". Da qui la giustificazione dei comportamenti intimi e quindi l'assoluzione di Berlusconi.
Gustavo Zagrebelsky (peraltro anche lui odiatissimo dal nostro molto intelligente, anche - come per Eco - per ragioni bibliografiche: di Ferrara in commercio c'è solo un libro del 2005, pubblicato da Solfanelli) ha fatto notare che la filosofia di Kant è leggermente più complessa e che a voler fare il gioco delle citazioni ci si può imbattere anche in frasi più categoriche tipo quella relativa alla legge morale in Critica della ragione pratica ("Agisci in modo da considerare l'umanità, sia nella tua persona, sia nella persona di ogni altro, sempre anche come scopo, e mai come semplice mezzo", con buona pace degli "utilizzatori finali" e di tutti i "padroni" o "datori di lavoro", ma questo è un altro discorso).


Ma da cosa derivano il livore, la perfidia e la disonestà intellettuale di Ferrara? Se andiamo a scorrere la sua biografia vediamo che è figlio di Maurizio Ferrara, senatore comunista e direttore de l'Unità dal 1966 al 1970 e di Marcella de Francesco, partigiana gappista e poi a lungo segretaria particolare di Togliatti, che non si è laureato pur avendo partecipato da universitario al '68, che è stato "responsabile fabbriche" del PCI a Torino dal 1973 e poi capogruppo del partito a fianco di Piero Fassino e che ha abbandonato il PCI nel 1983 per protesta contro la decisione del partito di non dedicare un concerto alle vittime del massacro di Sabra e Shatila (da 450 a 3500 palestinesi trucidati dal 16 al 18 ottobre 1982 dalle milizie cristiane libanesi in un'area controllata dall'esercito israeliano).
Dopo quella data c'è stato un progressivo (anzi regressivo) spostamento a destra, compresa una fase (secondo quanto da lui dichiarato) di collaborazione con la CIA (alla quale riferiva sul PSI craxiano di cui faceva parte).
Allora, da una parte il peso di una "tradizione" di famiglia particolarmente impegnativa e dall'altra la consapevolezza di contare molto poco nel partito per merito proprio o meglio per presunto merito non riconosciuto (la stessa cosa è capitata a Renzo Foa, poveri genitori). Questo secondo aspetto lo accomuna ad altri "convertiti" tipo Lucio Colletti, Ferdinando Adornato e Fabrizio Cicchitto che dietro contorsionismi intellettuali ed esacerbazioni morali nascondono banali volontà di potere dettate da maturazioni personali bloccate da un'autostima sconfinata nel narcisismo (per Cicchitto fino all'iscrizione alla P2, tessera 2232, lui che si riempiva la bocca di soviet e scriveva articoli densi di fuoco rivoluzionario su "L'Astrolabio" di Ferruccio Parri).
Ferrara, tra un Edipo non risolto e il mancato riconoscimento del suo "valore", non aveva altra scelta che la via del "traditore" romantico e contraddittorio (lui stesso, a proposito della sua collaborazione con la CIA ha parlato di "brivido della trasgressione", di "perdita di verginità"), un "eroe" sfaccettato e controverso, quindi un buon personaggio narrativo non lineare.
Capita però che il "traditore" si porti dietro la stigmata, il sospetto di tradimento: "se è stato capace di tradire una volta, chi ci dice che non lo faccia di nuovo?" Che fare allora, oltre a mostrarsi sempre più zelante difensore, sempre più stimolatore ("voglio il Berlusconi libertario"), sempre più "consigliori"? E' qui che può venirgli in aiuto la grande letteratura.

Nel racconto "Tema del traditore e dell'eroe" (contenuto in Finzioni, Adelphi, 2003 oppure Einaudi, 2005 con traduzione di Franco Lucentini) Jorge Luis Borges racconta dell'indagine che Ryan Kilpatrick effettua sulla morte del proprio bisnonno Fergus Kilpatrick, glorioso capitano dei cospiratori irlandesi del primo '800, ucciso in circostanze misteriose e la cui morte incitò il popolo che lo adorava alla rivolta. In realtà Kilpatrick aveva incaricato il cospiratore Nolan di scoprire il traditore che si nascondeva nel consiglio della rivoluzione e rallentava la rivolta a Dublino e Nolan scoprì che il traditore era proprio chi gli aveva dato l'incarico. Fergus venne condannato a morte dai suoi compagni e firmò da sé la sentenza ma ottenne che fosse eseguita in modo tale da favorire la causa e non deludere il popolo, collaborando alla messa in scena di Nolan, ispirata ai drammi di Shakespeare, che mentre gli toglieva la vita lo redimeva dalla colpa. Il bisnipote Ryan sospetta che le imitazioni di Shakespeare, poco felici, siano state inserite con l'intenzione di mettere qualcuno sull'avviso perché scoprisse e raccontasse la verità, ma - dubitando di far parte anche lui della trama - pubblica un libro in memoria dell'eroe senza dire che era stato anche un traditore. Borges conclude che forse però anche questo era stato previsto.

(Dal racconto di Borges Bernardo Bertolucci ha ricavato nel 1970 il film La strategia del ragno con Giulio Brogi e Alida Valli, spostando l'azione nella bassa padana durante il fascismo e nella contemporaneità e sostituendo il rapporto padre-figlio - interpretati dallo stesso attore - all'originale avo-pronipote, con interessanti risvolti surreali e psicoanalitici.)

Tornando a Ferrara, il racconto di Borges potrebbe essergli utile per risolvere definitivamente una serie di problemi che non possono essere procrastinati all'infinito: già la natura non gli è stata clemente, il tempo passa inesorabilmente e la prospettiva di invecchiare accanto a una virago tipo Anselma Dell'Olio deve essere di quelle da non augurare ai propri peggiori nemici; anche con la sua opera di supporto (o forse proprio per quello) Berlusconi probabilmente non ne avrà per molto e gli odiati Eco e Zagrebelsky continueranno a invadere le librerie con le loro opere.
Se Ferrara, magari con l'aiuto di Cicchitto che ha la giusta faccetta da carogna per il compito, facesse finta di voler tradire Berlusconi a favore della sinistra e si facesse giustiziare da Gasparri (che tanto non riuscirà mai a capire quello che sta succedendo) facendo però cadere la colpa su Eco (lasciando sul luogo del delitto ad esempio una copia de Il nome della rosa con sospette ombre scure agli angoli delle pagine), provocherebbe la rivolta definitiva del popolo delle libertà che farebbe le barricate (con la Brambilla a seno nudo al posto della Marianna: armi di distruzione di massa). E lui entrerebbe definitivamente nel Mito.
Magari l'epitaffio potrebbe scriverglielo Sandro Bondi, prima di tagliarsi le vene.









2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sentite le sortite di Ferrara,Bondi,Cicchitto e perchè non aggiungere Liguori non ringrazierò mai abbastanza la sorte che li abbia portati a tradire. Pensarli ancora oggi nell'ambito della sinistra sarebbe insopportabile.
Girolamo De Vincentiis

stellarossa ha detto...

Bene.Qui ci faccio cena e spuntino di mezzanotte…
L'ho letto circa 5 volte questo tuo articolo e lo trovo non solo molto interessante ma anche estremamente perfido ( e io amo la perfidia ben diretta) e istruttivo.
E' molto difficile commentarti..nel frattempo mi unisco al sentire del sig.De Vincentiis, evviva i traditori che si son levati molto graziosamente dalle palle,che sarebbe stato devastante averli ancora nelle suddette.