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lunedì 20 giugno 2011

L'altezza e la bassezza, ovvero perché il re è un babbeo


Il 17 giugno Metilparaben ha inserito un post intitolato Pancioni e nani che, partendo dall'insulto di Giorgio Clelio (sic) Stracquadanio a Mario Adinolfi ("panzone"), si chiedeva "quanti di coloro che si sono - giustamente - infastiditi dopo averlo ascoltato provino lo stesso sdegno ogni volta che qualcuno dà del ciccione a Ferrara o del nano a Berlusconi e a Brunetta". Il post è stato molto commentato, positivamente e anche negativamente e ne sono scaturiti elementi di riflessione che meritano forse un approfondimento.
Innanzi tutto secondo me va definito l'ambito in cui l'"insulto" si pone: la questione è molto diversa se si tratta di un dibattito in cui si confrontano opinioni differenti (come nel caso di Stracquadanio) o se il contesto è quello di uno spettacolo satirico, di un articolo o di un blog. In secondo luogo è essenziale individuare la provenienza e la destinazione dell'"insulto" rispetto alla fondamentale questione del "potere".
Chiaramente, se incontro Ferrara per strada e gli dò del ciccione sono un maleducato, ma se scrivo un post su di lui collegando la sua stazza fisica alla sua presunzione di intelligenza faccio della satira, magari debole e malriuscita ma legittima. La satira infatti, sin dalle sue origini, ha utilizzato (come in parte la caricatura), oltre all'ironia e al sarcasmo basati su aspetti caratteriali o intellettuali, anche pratiche "basse" e "volgari" rivolte a difetti fisici pur di per sé scarsamente rilevanti nella pratica quotidiana. Pensiamo a "Mistero buffo"(1969) di Dario Fo o, sempre di Fo, a "Il Fanfani rapito" (1975) con il personaggio ridotto a nano con il trucco teatrale dell'attore che usa le braccia al posto delle gambe mentre un secondo attore nascosto alle sue spalle fa sporgere le braccia. Oppure, sempre parlando di Fo, alla barzelletta che raccontava sul cuoco che deve tagliare la testa a una tartaruga per farne una zuppa e si rivolge al sarto di Andreotti per farsi svelare come aveva fatto a fargli uscire la testa dalla gobba per prendergli le misure della giacca.
Il fatto è che funzione essenziale della satira è "deformare per informare", cioè utilizzare elementi apparentemente non pertinenti per svelare il vero volto del potente di turno: così il discorso sull'altezza di Berlusconi o sui suoi capelli finti rivela il suo narcisismo patologico, la sottolineatura delle sue ossessioni sessuali (sessuali, non erotiche) evidenzia la sua miseria intellettuale ed emotiva, e così via.
Più in generale poi la satira deve necessariamente rivolgersi (anzi rivoltarsi) contro il potere, costituirne un contrappeso indispensabile. Per questo non esiste e non funziona una satira dei potenti contro chi il potere non ce l'ha, dei forti contro i deboli, dei ricchi contro i poveri. Per questo le deformazioni di George Grosz funzionano ancora, mentre Forattini non fa più ridere nessuno o il Bagaglino è deprimente (e questo non perché si tratti di tentativi di satira di destra, ma perché la destra ha sempre bazzicato dalla parte del potere, intendo quello vero - economico, finanziario, ecclesiastico).
Così nessuno potrà mai permettersi di ironizzare sulla statura di Gramsci (che per la tubercolosi ossea che lo aveva colpito da bambino non raggiungeva il metro e cinquanta), mentre è quasi doveroso insistere sulla statura di Brunetta, perché è sicuramente anche per il rancore verso gli altri che ha generato in lui che è diventato così stronzamente la parte peggiore del paese.


1 commento:

Anonimo ha detto...

Sei stato magistrale. Condivido.