c'è un intruso!

c'è un intruso!
come fregare il cacciatore

lunedì 28 febbraio 2011

Il libero mercato sopra di me e il familismo amorale nel mio cuore


D'un tratto gridò
che non era il destino se il mondo soffriva,
se la luce del sole strappava bestemmie:
era l'uomo, colpevole. Almeno potercene andare,
far la libera fame, rispondere no
a una vita che adopera amore e pietà,
la famiglia, il pezzetto di terra, a legarci le mani.
(Cesare Pavese, da Fumatori di carta, 1932)

Il cav granbollito si è esibito l'altroieri in una delle sempre più frequenti performance mediatiche a uso di deficienti applaudenti (spero che qualcuno registri le facce dei laudatores entusiasti, in modo - quando si sarà finalmente tolto di mezzo - da poterli individuare e tenere alla distanza conseguente): questa volta, di fronte ai "cristiano riformatori" o qualcosa del (de)genere, ha attaccato la scuola pubblica, colpevole di "inculcare valori diversi da quelli inculcati dalle famiglie".
Ora, uno dei disastri maggiori di questo disgraziato Paese (ed è quindi quasi incredibile che sia riuscito lo stesso a produrre eccellenze umane assolute di arte, scienza e cultura), oltre la presenza inquinante, avvelenante e vischiosa della C.C.A.R. (chiesacattolicapostolicaromana), è rappresentato proprio dallo strapotere della Famiglia, vera associazione a delinquere, fonte di corruzione morale e freno all'umana dignità (diceva Leo Longanesi che sulla bandiera degli italiani andrebbe apposto come motto "Tengo famiglia"). La famiglia ampia di Avetrana e quella minima di Erba non sono affatto eccezioni mostruose: sono epifanie totali di quello che la famiglia intimamente è. L'eccezione è riuscire a salvarsi senza troppi danni.
Ma vediamo le cose un po' più da vicino.
Nel 1958 Edward C. Banfield pubblicò insieme alla moglie Laura Fasano The Moral Basis of a Backward Society (tr. it.: Le basi morali di una società arretrata, Il Mulino, 1976) frutto di nove mesi di osservazione diretta, di test sulla popolazione, di interviste e di consultazione di archivi locali di un paesino della Lucania chiamato convenzionalmente Montegrano: lo scopo era quello di capire le ragioni dell'arretratezza sociale ed economica di certe comunità e l'ipotesi formulata fu che questa dipendesse da motivi essenzialmente culturali. La cultura di Montegrano presentava una concezione estremizzata dei legami famigliari che andava a danno della capacità di associarsi e di perseguire l'interesse collettivo. I singoli individui sembravano seguire la regola: "massimizzare unicamente i vantaggi materiali di breve termine della propria famiglia nucleare, supponendo che tutti gli altri si comportino allo stesso modo". Questa regola venne definita "familismo amorale": "familismo" perché l'individuo persegue solo l'interesse della propria famiglia e non quello della comunità che comporta collaborazione tra non consanguinei, "amorale" perché le categorie del bene e del male vengono applicate solo tra famigliari e non verso gli altri individui.
Dalla regola generale derivano alcune implicazioni che descrivono gli effetti del familismo amorale rispetto alla gestione del bene pubblico e alla vita politica. In una società di familisti amorali:
  • nessuno perseguirà l'interesse comune, salvo quando ne trarrà un vantaggio proprio;
  • chiunque, persona o istituzione, affermerà di agire nell'interesse pubblico sarà ritenuto un truffatore;
  • solo i pubblici ufficiali si occuperanno degli affari pubblici, perché pagati per farlo; i cittadini non se ne occuperanno e se lo facessero verrebbero mal visti;
  • i pubblici ufficiali saranno poco controllati, perché farlo è affare di altri pubblici ufficiali soltanto;
  • i pubblici ufficiali non si identificheranno con gli scopi dell'organizzazione che servono, e i professionisti mostreranno una carenza di vocazione o senso della missione; entrambi useranno le proprie posizioni e le loro particolari competenze come strumenti da usare contro il prossimo per perseguire il proprio vantaggio personale;
  • il pubblico ufficiale tenderà a farsi corrompere, e se anche non lo farà sarà comunque ritenuto corrotto;
  • non ci sarà alcun collegamento tra i principi astratti, politici o ideologici, ed il concreto comportamento quotidiano;
  • la legge sarà trasgredita ogni qual volta sembrerà possibile evitarne le conseguenze;
  • il debole vedrà con favore un regime autoritario che mantenga l'ordine con mano ferma;
  • sarà difficile creare e mantenere una qualsiasi organizzazione, perché ciò richiede una certa dose di disinteresse personale e identificazione e lealtà verso l'interesse dell'organizzazione;
  • non vi saranno né leader né seguaci, poiché nessuno sarà interessato a sostenere l'impresa, tranne se motivato da interesse personale;
  • il voto verrà usato per assicurarsi vantaggi materiali di breve termine, più precisamente per ripagare vantaggi già ottenuti, non quelli semplicemente promessi;
  • oppure il voto verrà usato per punire coloro da cui ci si sente danneggiati nei propri interessi, anche se quelli hanno agito per favorire l'interesse pubblico;
  • gli iscritti ai partiti tenderanno a rivendersi a partiti più favoriti, determinando l'instabilità delle forze politiche.
Ho voluto riportare questa lunga citazione (tratta dalla voce "Familismo amorale" di Wikipedia) perché mi sembra - nonostante sia riferita a un paesino di poche migliaia di abitanti in provincia di Potenza di oltre mezzo secolo fa - spaventosamente applicabile alla devastata Italia di oggi (alzi la mano chi non ha un cognato o un cugino che ragioni in maniera così esattamente amorale, qualunquista, presuntuosa, furbastra).
Se l'ipotesi di Banfield è che l'arretratezza sociale è una conseguenza dell'arretratezza culturale allora il problema è quello di sradicare il familismo amorale (e la corrispettiva demente visione dell'homo oeconomicus secondo la quale il libero perseguire il proprio interesse egoistico produce automaticamente, tramite la miracolosità del mercato, il bene comune) intanto impedendogli di riprodursi e fornendo alternative comuni che non possono derivare che dalla scuola pubblica (che, come ha detto Vecchioni a "Che tempo che fa" domenica scorsa è il luogo in cui viene simulata la vita).
Per quanto riguarda la famiglia, se è produttrice degli orrori descritti (e di altri più subdoli come alcuni secoli di letteratura e alcuni decenni di psicoanalisi e sociologia della famiglia hanno rivelato), meriterebbe quantomeno di estinguersi, anche se il processo sarà ancora lunghetto. Nel frattempo perché non sperimentare forme diverse di libero sodalizio tra adulti consenzienti non handicappati emotivamente e non omologati spiritualmente? Tanto per dire, perché non andare a riscoprire ad esempio l'educazione comune dei giovani israeliani nei kibbutz del dopoguerra così ben descritta da Bruno Bettelheim in "I figli del sogno", Mondadori, 1977?
Per rimettere sopra di me "il cielo stellato" e nel mio cuore "la legge morale" (che è semplicissima, per Kant e per tutti gli altri: l'uomo è un fine e non un mezzo).


giovedì 24 febbraio 2011

Non basta ancora?

Quante altre migliaia di morti saranno necessarie per andare oltre le parole vibranti di sdegno per i massacri e i crimini contro l'umanità di un tragico pagliaccio dai capelli tinti che a quest'ora dovrebbe già essere appeso a testa in giù in qualche piazzale di Tripoli a soddisfare la sua vocazione al martirio (o quantomeno impacchettato in attesa di processo per genocidio)? E l'altro tragico pagliaccio nostrano dai capelli finti e il suo esperto in scioline e slalom, invece di respingere sdegnosamente le accuse di aver fornito razzi ai rivoltosi, quando (almeno) minacceranno di armare davvero il popolo insorto e di sequestrare (meglio sarebbe espropriare) i fondi della Libia investiti in Unicredit, Fiat, Finmeccanica, Eni, Mediobanca, Juventus, Olcese, Retelit, sbattendosene di ricatti su petrolio e gas e accordi economici (che tanto verranno tutti abrogati dalle opposizioni che prenderanno il potere)?
A scanso di equivoci, io non amo la violenza e vorrei che le controversie si risolvessero in maniera civile, ascoltate liberamente le ragioni di tutti (le ragioni, non i poteri). Ma di fronte a un dittatore folle e assassino non sono possibili mediazioni (e voglio rammentare che per un principio morale di ordine superiore l'uccisione del tiranno non è considerata delitto e - per la Chiesa - neppure peccato), è una questione di pulizia etica. Pietà l'è morta.
Nel 1936 in soccorso della Spagna repubblicana attaccata dai franchisti intervennero circa 59.000 uomini (tra cui 4.050 italiani) provenienti da 53 nazioni dei cinque continenti, inquadrati nelle Brigate Internazionali, sotto il simbolo della stella rossa a tre punte riportato sopra. Circa il 30% morì combattendo e il 50% rimase ferito. Il 21 settembre 1938 le Brigate vennero ritirate dal fronte su pressione delle democrazie occidentali impegnate nella "lungimirante" politica di non intervento. Altre situazioni e altri tempi, sicuramente (e altri uomini sicuramente migliori)...

venerdì 18 febbraio 2011

A volte ritornano


Anna Maria Bernini Bovicelli, nata a Bologna il 17/08/1965, avvocato civilista e amministrativista, "eletta" alla Camera dei Deputati per il Popolo delle Libertà nel 2008, seggio n. 442 nel terzo settore a destra (e dove se no?) dell'emiciclo è spesso presente ai talk-show televisivi dove si distingue per la particolare petulanza delle argomentazioni, per l'uso del termine "carotaggio" riferito alle intercettazioni e per la caratteristica fissità di espressione. Le ultime apparizioni in ordine di tempo sono state a "Ballarò" su Rai3 il 15 febbraio e a "Otto e mezzo" su La7 il 16: per quanto riguarda la fissità di espressione le ipotesi che si fanno (vedi in particolare il post "Plastic woman") convergono sul massiccio intervento di chirurgie plastiche (pare non si possa essere ammesse nell'entourage berlusconiano se non si ha qualcosa di finto e/o rifatto: chissà mai perché? Anche la povera Beatrice Lorenzin, vista ad "Annozero" su Rai2 il 17 febbraio, e meglio nota come "la Meg Ryan della mutua", è stata costretta, in attesa di interventi più ficcanti, a indossare un apparecchietto ortodontico). Sarebbe per questo motivo che non la si è mai vista ridere: per il rischio di improvvisa deflagrazione di guance e orecchie e allegati, un po' come avveniva nel mitico Un re a New York (A King in New York, 1957) di Charlie Chaplin.
Io credo però che la motivazione sia un po' più articolata e vada ricercata da un lato nel mito babilonese (ma non solo) di Oannes (venerato dai Filistei col nome di Dagon o Odakon) di cui si trovano ancora tracce nelle credenze del popolo Dogon del Mali (col nome di Nommo) e dall'altro nella narrativa di Howard Phillips Lovecraft (1890-1937), specialmente nei racconti e nei romanzi del Ciclo di Cthulhu, di cui il racconto "Dagon" costituisce una sorta di premessa.
Per i Babilonesi Oannes era un essere divino uscito da una sorta di "uovo primitivo" che lo aveva condotto sulla Terra dove si era mostrato agli uomini in forma antropomorfa e aveva provveduto a trasmettere le conoscenze necessarie allo sviluppo della civiltà, secondo quanto riferisce lo storico caldeo Beroso nella sua opera "Babiloniaka" (275 a.c.) purtroppo andata perduta ma il cui contenuto è stato conservato dal monaco Synkellos (VIII secolo d.C.) sulla base delle perdute "Cronache" del padre della Chiesa Eusebio di Cesarea (260-340 ca.) che aveva a sua volta attinto da un compendio dei libri di Beroso fatto nel primo secolo a.C. da Alessandro Polistore. Secondo Polistore:
"Vi era una gran moltitudine di gente a Babilonia, ed essi vivevano senza leggi come animali selvaggi. Nel primo anno una bestia, chiamata Oannes, apparve dal Mar Eritreo, in un luogo adiacente a Babilonia. Tutto il suo corpo era quello di un pesce, ma una testa umana gli era cresciuta sotto la testa del pesce, e piedi umani gli erano similmente cresciuti dalla coda del pesce. Esso aveva una voce umana. Una sua immagine è conservata ancora oggi. Egli (Beroso, n.d.a.) dice che questa bestia passava i giorni con gli uomini, ma non mangiava cibo.
Essa diede agli uomini la conoscenza delle lettere, delle scienze e delle arti di ogni tipo. Insegnò loro anche come fondare città, erigere templi, formulare leggi e misurare i campi. Rivelò loro i semi e la raccolta di frutta, ed in generale diede loro ogni cosa che è connessa con la vita civilizzata. Dal tempo di quella bestia nulla di nuovo è stato più scoperto. Ma quando il Sole tramontava, questa bestia Oannes si tuffava nel mare e passava le notti nell’abisso, poiché essa era anfibia. In seguito apparvero anche altre bestie."
H.P. Lovecraft nel racconto "Dagon" (1917) recupera il mito dell'uomo-pesce narrando di uno spaventoso essere che fuoriesce da un gigantesco vortice marino per abbracciare un monolito decorato. Nel Ciclo di Cthulhu fa riferimento a razze extraterrestri che abitavano la Terra e vi avevano portato i loro Dei, i Grandi Antichi, di cui il più conosciuto, ma non il più importante, era appunto Cthulhu, una specie di polpastro schifoso e per nulla interessato alle progressive sorti dell'umanità, ma piuttosto a comunicare con gli uomini influenzandone i sogni e seducendoli con promesse di poteri e piaceri infiniti (toh!). Aldilà del piacere della narrazione, il sospetto è che potrebbe non trattarsi di pura fantasia: magari i seguaci di Cthulhu sono tra noi sotto sembianze semiumane, ma individuabili dalla fissità e dalla freddezza dello sguardo (e dalle stronzate che dicono e - purtroppo - fanno).
Nelle immagini sottostanti sono riportati, nell'ordine, Cthulhu, Dagon e Anna Maria Bernini: notate l'inquietante somiglianza?

Elenco numerato


martedì 15 febbraio 2011

Nicole Minetti è una cozza pazzesca!


... (e non l'avete vista prima delle plastiche...)

L'intrepida consigliera regionale di lingua madre inglese e altre note qualità ha ora dato sfogo all'evidentemente insopprimibile vocazione di opinionista con una rubrica su Affaritaliani.it intitolata Il favoloso mondo di Nicole (parafrasando il titolo del giulebboso e furbastro film di Jean-Pierre Jeunet) e cominciando subito col confondere fiabe, favole e fumetti e relativi contenuti. Ma il pezzo forte è rappresentato dalla riflessione di profondità alberoniana sulla bellezza che "non è una qualità minore, ma un punto di forza. Non è un dettaglio estetico, ma un potere che viene da dentro" e che è quindi giusto imparare a usare.
A parte quello che ha detto domenica Margherita Buy intervistata da Lucia Annunziata durante la splendida manifestazione romana ("bisognerebbe avere orrore del potere") e senza entrare nel merito della validità storico-sociologica e morale dell'"uso" della bellezza, cosa ne sa e cosa c'entra la Minetti con la bellezza (o, come direbbe Di Pietro, "che c'azzecca")? Che sia - o sia stata - ritenuta bella da una persona universalmente nota come totalmente incapace di avvicinarsi all'area del buon gusto (e si doveva capire già da esempi come Milano 2 e Mediaset) come l'infausto presidente del consiglio che ci tocca subire (forse ancora per poco) avrebbe dovuto quantomeno insospettire. Ma vediamo le cose un po' più da vicino.


Una mandibola ben proporzionata come quella evidenziata nell'immagine di sinistra è all'incirca di uguale dimensione in altezza e in larghezza, con un andamento a parabola rovesciata abbastanza stretto, mentre quella del nostro soggetto è notevolmente sviluppata in senso frontale, specialmente in basso, conferendo al viso la caratteristica benevolmente definita "volitiva" (pensiamo a Mussolini) ma che meglio sarebbe etichettare "da bull-dog"; questo è dovuto anche allo sviluppo non armonioso degli zigomi, peraltro ritoccati, che riducono l'area orbitale contribuendo allo sviluppo di pieghe e rughe verticali alle palpebre inferiori che non dovrebbero essere presenti a 26 anni e che richiederanno presto altri costosi e scarsamente utili interventi di blefaroplastica. L'estensione della mandibola ha anche contribuito allo spostamento verso il basso e con rotazione all'esterno dei padiglioni auricolari che, quantunque semicelati dai capelli, hanno assunto la speciale configurazione "a elfo". L'osso frontale ha subito uno sviluppo a bugne che diverranno sempre più evidenti con la perdita di elasticità della pelle e con il progressivo assottigliarsi e diradarsi dei capelli, processo quest'ultimo in fase già molto avanzata. Mentre il naso, con opportune ulteriori correzioni rinoplastiche, potrà essere mantenuto sotto controllo ancora per alcuni anni, poco resta da fare per la protrusione del labbro superiore definitivamente "canottato", se non l'amputazione (che ha però il difetto di conferire al viso il poco simpatico aspetto "da lebbroso") e la successiva laboriosa ricostruzione con l'utilizzo della pelle di altre parti del corpo, specialmente quella dei glutei, che non sembrano adeguatamente dislocati in senso verticale. Anche gli arti inferiori, pur se generosamente esibiti, non paiono, nella loro magrezza, sufficientemente armoniosi.
Ma l'elemento evidentemente più sgraziato - anche se purtroppo capace di eccitare le fantasie edipiche non risolte di certi sedicenti "maschi" italioti - è l'imbarazzante ipertrofia mammaria che mai potrebbe superare il "test della matita" (come è noto il test consiste nel disporre una matita orizzontalmente sotto il seno sinistro e destro: se la matita cade significa che il muscolo pettorale è sufficientemente tonico per sostenere la ghiandola mammaria o che essa presenta il giusto equilibrio dimensionale rispetto all'azione della forza di gravità; se la matita non cade perché rimasta intrappolata sotto la piega inferiore del seno significa che la dimensione è eccessiva) e che è spesso responsabile di deformazioni anche gravi della colonna vertebrale (lordosi, cifosi, scoliosi); particolarmente notevole deve essere stato il lavoro di ingegnerizzazione sul reggiseno con utilizzo di nuovi materiali e un complesso equilibrio dinamico di tiranti e contrappesi mutuato dalle tecnologie utilizzate per i ponti sospesi. Nonostante questo, quello che non funziona è il rapporto tra la massa mammaria e la massa corporea complessiva, pericolosamente vicino all'indice di inciampo e molto oltre l'indice di ridicolo; a osservare separatamente il seno ci si aspetterebbe un conseguente andamento del resto del corpo, cosa che evidentemente non avviene: è come il trailer truffaldino di un film che non mantiene le sue promesse.
Personalmente poi, le tette della Minetti, lungi dal provocarmi la minima eccitazione erotica, mi fanno pensare al bellissimo episodio di Fellini Le tentazioni del dottor Antonio (da Boccaccio '70, 1961) con Peppino De Filippo e Anita Ekberg (lei sì "tanta", ma adeguata), con la divertente canzoncina di Nino Rota "Bevete più latte":


Se poi proprio si vuole parlare di "tettone", quanto più divertenti e ironiche quelle dei film di Russ Meyer, tipo Tura Satana (recentemente scomparsa) in Faster pussycat! Kill! Kill!, 1966 o Francesca "Kitten" Natividad in Up!, 1976…




lunedì 14 febbraio 2011

poteri a confronto

airbag power 


power…...





domenica 13 febbraio 2011

CHE ORGOGLIO!!!!!

Mai più niente sarà come prima se stiamo assieme ! EVVAIIIII !!!!!!

sabato 12 febbraio 2011

PERCHE' SI'


Un bel buongiorno ci vuole ogni tanto...

lunedì 7 febbraio 2011

La cosiddetta iniziativa privata

Il capitale internazionale
che la sua legge è sempre il profitto
e fino a quando non sarà sconfitto
la vita vera - ci ruberà
(Fortini - Liberovici, Canto per noi)

Durante le Olimpiadi Invernali 2010 svoltesi a Vancouver due società locali, la Outdoor Adventures ('avventure all'aria aperta') e la Howling Dogs ('cani ululanti'), hanno organizzato escursioni in slitta per turisti utilizzando un centinaio di cani husky, animali molto fieri, intelligenti e generosi, capaci di farsi carico di pesantissime prestazioni in condizioni estremamente disagiate. Le escursioni erano richiestissime e i cani venivano molto coccolati da adulti e bambini.
Per le due società si è trattato di un ottimo affare: al solo prezzo del cibo necessario per ricostituire le energie consumate dagli animali (in termini marxiani: il valore della forza-lavoro) veniva estratta un'enorme quantità di pluslavoro e quindi di plusvalore. Tolti i costi del lavoro improduttivo (organizzazione, vendita dei biglietti, pubblicità, eccetera) il tasso di profitto ricavato doveva essere molto superiore a quello dei bei tempi delle fabbriche tessili dickensiane.
Ma, finiti i giochi olimpici, la domanda di escursioni in slitta è diminuita drasticamente e l'attività non si è più rivelata "economica": i cani da accumulatori di capitale si sono trasformati in costi improduttivi. Allora i manager delle società hanno deciso di abbattere i costi abbattendo gli animali, ma poiché far sopprimere un cane da un veterinario costa circa 100 dollari e parecchi veterinari ("comunisti" si direbbe in Italia) si rifiutano di uccidere animali in buona salute, l'incarico del massacro è stato affidato a un operaio, fornito di fucile, di un proiettile per ogni cane e di un coltello per eventuali rifiniture. L'operazione ha richiesto due giorni e non essendo stata condotta con meticolosità nazista ha fatto sì che alcuni cani solo feriti riuscissero a scappare dalla fossa comune in cui erano stati gettati. L'operaio ha chiesto e ottenuto un indennizzo per lo stress subito, mentre il suo avvocato ha dichiarato a una radio locale che "non poteva essere un'esecuzione fatta bene, con un solo proiettile a disposizione" e che "inevitabilmente ha dovuto vedere scene orribili e per dovere porvi fine". Un'inchiesta è in corso: per la legge canadese l'uccisione o il ferimento di un animale comporta fino a cinque anni di reclusione e ovviamente spero che la pena venga moltiplicata per il numero di animali uccisi e applicata ai responsabili dell'ordine di mattanza e all'esecutore materiale, senza sconti e senza pietà.
Il dottor Marchionne (Marpionne, come dice Stellarossa), che ha studiato da quelle parti, potrebbe però prendere spunto dall'episodio per risolvere in maniera più definitiva il problema degli esuberi, magari garantendo l'utilizzo di due proiettili invece di uno solo e forse addirittura pagando le spese di funerale (qualche sedicente sindacato per firmare l'accordo lo si trova sempre... ). A tal fine, in Italia, basterebbe modificare l'articolo 41 della Costituzione dal barocco:
"L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali"
a un più asciutto:
"L'iniziativa economica privata è libera e non può essere sottoposta a nessun controllo pubblico"

PS. Ovviamente per me l'articolo 41 va bene così com'è, se proprio si vuole cambiare qualcosa suggerirei di trasformare il "libera" in "tollerata", secondo me suona meglio: "L'iniziativa economica privata è tollerata..."

mercoledì 2 febbraio 2011

Ho bisogno di un piccolo aiuto per non impazzire

un quasi anno fa avevo scritto di lei, oggi pomeriggio l'ho sepolta.

Nonostante la ragione mi dica alcune ragionevolissime cose il cuore ne urla altre, sto male male male a non vederla in giro per casa, a non averla addosso mentre leggo (ogni libro nuovo doveva farlo suo, strofinava il musetto sui bordi delle pagine); nell'ultimo mese sono rimasta incollata a lei dimenticando il resto: si era ammalata, aveva una specie di bozzo alla gola, alla fine non riusciva nemmeno a fare miao, a lavarsi, in ultimo nemmeno a mangiare. Sono riuscita ad accompagnarla alla morte senza che provasse dolore. Lola era una micia molto speciale, io ero la sua mamma e lei era la mia figlia. Tutto qui.

Un "tutto qui" grosso quanto la montagna più grande del mondo, grande quanto la distesa azzurra, grande quanto tutta la forza che impiegherò a smettere di piangere.
Ho bisogno di parole buone, ho bisogno di pacche gentili, ho bisogno che qualcuno mi dica che passerà piano piano, ho bisogno di un abbraccio, ecco.